domenica 2 dicembre 2012

l'Anitaverse di Laurell K. Hamilton, quando l'urban fantasy ebbe inizio

by Astasia con la collaborazione di Elnora


 


 Il nostro speciale Fantasy continua accendendo le luci su una saga che riteniamo abbia segnato una tappa importante del genere urban fantasy, ci riferiamo appunto alla serie di Anita Blake scritta da Laurell k. Hamilton. Se è vero che l’urban fantasy non si lega a vincoli temporali, bensì trova nel contesto ambientale la sua caratteristica principale, allora ci sta bene che la città di St. Louis faccia da cornice all’Anitaverse - l’universo di Anita-  che  sicuramente  pensiamo abbia insegnato qualcosa anche alle penne che si sono messe al lavoro dopo la Hamilton. 
Anita non si occupa di amministrazione dalle nove alle cinque, bensì è una Risvegliante che, con tanto di autorizzazione ufficiale, resuscita i morti quando la parola dei defunti è decisiva in tribunale. Ci troviamo in un mondo dove i vampiri sono usciti allo scoperto, vivono e lavorano accanto agli umani  e se qualcuno di loro prova a fare il furbo, Anita è in grado di vestire anche i panni della Sterminatrice dei succhiasangue e ripulire le strade dalle cellule vampiresche impazzite. Per essere inoltre sicura di non annoiarsi,  si permette anche di dare  una mano alla squadra di polizia che maneggia casi di investigazione paranormale.
Anita è la capostipite delle kick-ass heroines, cioè le protagoniste femminili di urban fantasy che non hanno paura di nulla, aggressive e grondanti sarcasmo che non esitano a prendere a calci nel sedere il primo – uomo e mostro che sia- che si azzarda a dire la parola sbagliata. Sono personaggi che se maneggiati con noncuranza generano forte irritazione nel lettore, che si sente di prendere le distanze da tanta ostentazione del super-io.  Il pacchetto tecnico espressivo include anche l'irrinunciabile io narrante, di cui si è già detto in passato. A nostro avviso la riteniamo una tecnica piuttosto limitante, ma è difficile  negare che sia cucita perfettamente addosso a questo personaggio. Anita non chiede aiuto a nessuno e se lo fa, si rivolge ad un personaggio enigmatico e inquietante che si fa chiamare la Morte , l’unico essere vivente per il quale Anita provi un pizzico di timore. Si narra inoltre che il carattere del personaggio di Anita possa aver mutuato qualcosa dalla sua scrittrice e creatrice.
Quando la nostra eroina deve scegliere cosa indossare, è sempre costretta a dare la priorità all’alloggiamento delle armi di cui non può fare a meno, ed è una persona che tendenzialmente prima spara con la sua arma preferita– una Browning HP- poi fa le domande. Quando è messa male può sempre rimediare pugnali con la massima composizione di argento infilati nel polpaccio o nell’avambraccio. Dorme attorniata da pinguini di peluche e ha un unico grande cruccio: la statura.
Raggiunge a fatica i 160 cm.
E se Anita vanta innumerevoli tentativi di imitazione, Jean Claude, il vampiro  che l’affianca sulla scena di questa serie, non ha trovato successori in quanto  unico e inimitabile.
Ci ha provato Jean Claude, il Master di St. Louis,  lo sanno bene le lettrici. Anita rappresentava per lui  una sfida irresistibile: così integerrima, responsabile, razionale, idealista, così intrisa di potere magico. In diversi libri lei gli ha sempre però opposto un secco rifiuto. No al sesso, no alla sua sottomissione in qualità di serva umana, no alla vita eterna  in nome di un attaccamento alla normalità che è quasi un salvagente per questa  donna continuamente alle prese con il sovrannaturale. Un rifiuto però pronunciato sempre più a fatica davanti a quel vampiro dall’indolenza lussuriosa, egocentrico e manipolatore che non ha bisogno di alzare la voce per farsi rispettare, perché  Jean Claude è acciaio rivestito di velluto.  Non è nemmeno sufficiente  il licantropo Richard a regalare  ad Anita l’illusione di una umanità pseudo normale, perché alla fine la normalità non esiste e il confine tra mostro e essere umano è davvero un inganno della razionalità.  In uno dei capitoli più belli della serie, sarà proprio Richard  a spingere inconsapevolmente  Anita fra le braccia di un Jean Claude, che con la pazienza degna del cacciatore in attesa della preda, non aspettava altro. E’ l’epilogo di un conflitto che ritroveremo spesso negli anni a seguire: la lotta fra vampiri e licantropi.
Molti puristi ( le sottoscritte incluse)  hanno divorziato dalla Hamilton con il libro Butterfly. Voci d’oltreoceano affermavano  che da qui in avanti l’Anita dei primi tempi fosse completamente scomparsa per lasciare il posto ad una cacciatrice di vampiri dedita al sesso sfrenato  e a partner multipli, e  pare che  diversi fautori della sua intransigenza e moralità  non abbiano gradito il cambiamento.
Il primo libro della serie venne pubblicato negli USA nel lontanissimo 1993 e arrivò in Italia  dieci anni dopo, seguendo un ordine di pubblicazione un po’ alternativo. A conti fatti stiamo parlando di un personaggio  nato quasi vent’anni fa ma che ancora oggi fa scuola e da cui è stato tratto anche un fumetto. Nato nel 2006, il fumetto riprende fedelmente la storia dei romanzi raccontando in più uscite ogni sinolo volume. La Hamilton ha potere di vita e di morte su queste pubblicazioni, per cui poco o nulla si dovrebbe perdere della storia in questa nuova veste.
Ma l'Anitaverse è un mondo fantasmagorico, pieno di fantasia, di mostri, di sangue e di riti. Ma non solo. Perchè i libri della Hamilton raccontano anche  di un mondo che in questi ultimi tempi è sotto le luci della ribalta,cioè quello del BDSM.
A Jean Claude  in qualità di capo della comunità vampiresche di S. Louis,spetta  l'appellativo di Master e si può fregiare del diritto di avere uno schiavo o una schiava, che beneficia della sua protezione nnonchè di notevoli vantaggi e poteri paranormali. Un rapporto di dominazione  conseziente  che determina un legame decisamente profondo fra Master e slave umano. Nei locali i vampiri indossano un abbigliamento che non sfigurerebbe agli occhi del fetish più esigente. Il discorso poi si potrebbe approfondire se veniamo a parlare di alcuni personaggi della serie, fra cui il mutaforme Nathaniel, un masochista sottomesso compulsivo, incapace di darsi dei limiti. La categoria  più temuta dai dominatori, che si vedono  impossibilitati a capire quando le sessioni sono diventate un pericolo serio per il sottomesso.
Narcissus, uno dei volumi della serie, dà il nome a un club per creature soprannaturali dedite al masochismo e gestito da una mannara switch. Anita nelle prima pagine del libro ne parla  come di un luogo che pullula  di individui cortesi, attenti a non cadere negli eccessi e rispettosi della volontà altrui.
Insomma, quello della Hamilton parrebbe un BDSM  di molto garbo e riguardoso, scritto fra le pagine di un libro pubblicato  nel lontano 2002 , cioè in tempi insospettabili.
Ci permettiamo quindi con una certa libertà di considerare l'Anitaverse un un po' la mamma di tutte le serie urban fantasy che negli ultimi anni hanno invaso le scaffalature delle librerie. Non solo. Ci piace consigliare con entusiasmo questa serie a tutti coloro che non l'hanno provata.

8 commenti:

Pinkafé ha detto...

Grazie a Astasia e Elnora per questo splendido articolo. Ho letto diversi titoli di questa serie e condivido il vostro pensiero in tutto. Interessante soprattutto l'evoluzione del personaggio di Anita attraverso i vari libri.

Hasmina

Marty ha detto...

Ci sono davvero autrici che tracciano un solco. Ho letto solo il primo romanzo della saga di Anita, ma mi è stato sufficente per comprendere quanto grande sia il debito del genere urban fantasy nei confronti della Hamilton. Grazie per questo excursus nella anitaverse: è stata una gita letteraria molto piacevole e interessante!

Marty

tortorina89 ha detto...

Io ho scoperto solo oggi la vostra pagina FB e mi è saltato all'occhio questo articolo. IO ADORO ANITA! *.* Non potevo non fare un salto...
Sono d'accordo con quanto scritto, ed è vero che dopo un po' di libri Anita evolve in modo "particolare". Molti hanno trovato questo cambiamento negativo ed hanno abbandonato la serie, ma io proprio non ci riesco. Nonostante tutto, quando mi ritrovo un libro su Anita tra le mani, lo divoro in un giorno! Che siano 300, 500 o 800 pagine poco importa perché vieni ipnotizzata da quella lettura e provi qualcosa: disappunto a volte, ma anche ironia, ammirazione o altro. Di certo non lascia mai indifferenti! :p

Comunque scusate l'intervento, ma non ho saputo resistere!
Complimenti per l'articolo! :)

Pinkafé ha detto...

Grazie a Astasia e Elnora per questo articolo su Anita Blake.
Ho letto solo il primo libro della serie e sinceramente per quanto mi abbia affascinato il personaggio di
Jean Claude,non mi è interessato proseguire la serie.
Chissà magari prima poi ci riproverò, ma visto i commenti negativi sugli ultimi libri sono dubbiosa :(
Andreina

Pinkafé ha detto...

@tortorina89

cara ci mancherebbe che ti scusi per il tuo commento, non devi resistere ma lasciarci commenti quando vuoi. Noi ne saremo felicissime, così come siamo felici che tu continui ad apprezzare le storie di Anita. Ma toglici una curiosità: Jean Cluade o Richard?
Ciao!
Astasia

Pinkafé ha detto...

@tutte
grazie per i complimenti ragazze, però permettetemi un consiglio: non fermatevi al primo libro, che è sempre di riscaldamento. Anita ha molto da offrire nei successivi.
Astasia

Pinkafé ha detto...

Confermo! non fermatevi al primo libro ;)
Comunque tra JeanClaude e Richard... ma bisogna proprio scegliere? perché io apprezzavo molto il "triumvirato"... ;P

Hasmina

Pinkafé ha detto...

Bene bene... vorrà dire che leggerò anche il secondo e vediamo! ^_^
Andreina

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