domenica 5 agosto 2012

La Bambina di Dio

di Hasmina

Non lasciate che il titolo di questo articolo vi tragga in inganno. Non è di religione che voglio parlarvi, non di Dio o di Gesù, o della Vergine Maria... e certamente non menzionerò la Chiesa.
Oggi ho visto per la prima volta un filmato. Forse molti di voi lo riconosceranno, ma sono convinta che molte altre persone, come me fino a ieri, non avevano mai incontrato Gianna Jessen.
Ebbene, è di una donna che sto per parlarvi. O meglio, lascerò che sia la sua stessa voce, e il suo stesso splendido viso, a raccontare la sua storia, e a darvi i suo messaggio di vita.

Gianna Jessen si definisce la "bambina di Dio". È nata il 6 aprile 1977 a Los Angeles, in una clinica abortistica della nota associazione Planned Parenthood. Nonostante i gravi danni fisici e neurologici provocati dall’aborto, è sopravissuta, cresciuta superando notevoli difficoltà e divenendo la donna che è ora, forte, solare e generosa, che da anni porta il suo messaggio e la sua storia ad esempio, per sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica sulla delicata questione dell’aborto.

Il suo caso è divenuto noto quando, in occasione del novantesimo anniversario dalla fondazione dell’associazione abortista Planned Parenthood, celebrata dal Senato del Colorado, il senatore Ted Harvey invitò Gianna a raccontare la sua storia ai membri del Senato.
(Se avrete voglia di leggerlo, dopo aver visto il video, a questo LINK  potete trovare il discorso di Ted Harvey).

Prima di lasciarvi alle parole di Gianna, vorrei fare una piccola riflessione personale, come donna. Abbiamo voluto e ottenuto il diritto all’aborto, la libertà di decidere se portare avanti una gravidanza oppure no, di gestire il nostro corpo e il nostro utero. Quello che mi chiedo è fino a dove questo diritto rimane un diritto? È umanamente etico e giusto, ricorrervi senza alcuna discriminazione?
Sette mesi. Questa era l’età di Gianna, quando una “clinica abortistica legale” consigliò alla madre diciassettenne di interrompere la gravidanza.
I bambini nascono a sette mesi...



In una conferenza a Melbourne, Australia, nel 2008, Gianna Jessen racconta la sua storia...

2 commenti:

Danilo ha detto...

La delicatezza dell'argomento é fuori discussione, ma francamente mi sembra un caso talmente estremo (e scaturito da un modo di procedere assurdo e da una legislazione palesemente mal fatta) per cui trarne conclusioni sulla legittimità morale dell'aborto mi pare non condivisibile.
Un "aborto" a sette mesi e mezzo non é un aborto e infatti tutte le legislazioni serie (compresa quella italiana) pongono limiti ben piu' bassi.
Detto questo, l'aborto in qualunque Paese civile non può che essere legale proprio per un profondo motivo morale, perché la Legge negli Stati moderni si ferma "prima della pelle" del cittadino, per cui non può imporre ad una donna di accettare una gravidanza non voluta.
Diversamente, la donna che non vuole proseguire la gravidanza sarebbe obbligata ad accettare una modificazione del suo corpo non volontaria.
Questo sarebbe immorale, al pari dell'imposizione di trattamenti sanitari non voluti o della tortura.
Ad esempio, sarebbe ben strano non toccare un terrorista anche se gli si potrebbe estorcere una informazione che potrebbe salvare molte vite e poi costringere una donna innocente a proseguire la gravidanza contro la sua volontà!
Certamente, il sistema sanitario dovrebbe essere congegnato in modo tale da poter accellerare al massimo la scelta di proseguire la gravidanza o no (mentre in Italia viene fatto di tutto per porre ostacoli, prima di tutto con un uso strumentale, di comodo, dell'"obiezione di coscienza"), anche con la diagnosi precoce.
E qui, per dolorosissima esperienza personale vorrei rammentare che quando si parla di aborto non si parla solo di quello "per scelta astratta", ma anche di quello "terapeutico", cioé dovuto a grave malformazione del feto (che é qualcosa di molto piu grave dell'handicap della persona di cui si parla nell'articolo) e quindi all'esigenza di evitare al nascituro una vita orrenda e alla sua famiglia la distruzione di ogni prospettiva di serenità e anzi di vita appena appena decente.

Pinkafé ha detto...

E' un caso estremo, sì, ma non unico.
Questo articolo non vuole trarre conclusioni, né vuole mettere in discussione la legittimità e legalità dell'aborto, qualsiasi sia la motivazione per cui lo si sceglie.
La mia riflessione infatti è personale, riguarda il mio stato d'animo di fronte alla storia di Gianna, non all'aborto in sé.
Ho condiviso anch'io l'esperienza di una persona a me vicinissima. E' estremamente difficile, e sicuramente non giusto, pensare di poter mettersi nei panni di chi la vive, o giudicare una decisione che è sempre devastante.
Personalmente non condivido tutto quello che Gianna afferma nel suo discorso, così come non condivido le posizioni estreme in genere, ma a prescindere da questo, credo che sia una testimonianza che vale la pena di ascoltare.

Hasmina

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